La [D] che non è [R]
La bella Domanda.
Ovvero il criterio che garantirebbe l’oggettività per una risposta in una D che non è R
di Francesco Pasca
Capita! Ma, a bomba, come rispondere a: Cosa occorre ad un artista per dare inizio ad una esperienza estetica? Oppure. Perché scrivi? Ancora. Cosa è il dare per esprimere o come si deve scrivere? Ciliegina? Per chi componi o a chi scrivi? Poi, in un massimo di godimento, la domanda che surclassa le altre: perché(?)
Forse perché gli idioti ti inseguono e da sempre e con le idiote domande?!
Perché tu scrivi?
Ma è lei che mi rincorre,
ché gesto del riporre,
ma sol s’è del silenzio
sol s’è gran rumore.
Ma s’è la seconda
e, con quel silenzio, è il come?
Sol s’è per le tante.
Allor vuoi tu altre domande?
Allor darai risposte?
E se t'appaghi?
Sol s’è lì ch’è lei e le vuole,
sol s’è pur nel peggio e occorre
o com'è o s’è d’esser o creder nel diverso
oppur così come ella scrive nel dileggio.
Allor sei tu il cesto di parole, son tue e lì mute?
Attento! Non esser tu pago,
v'è la quinta, tra le tremende,
l’ossessiva più di tutte.
Una risposta(?) Lei qui t’attende,
lei qui la vuole vera e in tutte.
Lì è nascosto il suo ricucir
con mano d’ago e spago
quel che per te è l’essere già stato,
quel non essere il per lei, il mai pago.
Orbene, ch'è l'eufemismo,
e ch'è il tuo, ch’è lì il tuo (n)Ormale, sappi.
Tutte idiozie da far tracciare
le altrettante tue pagine intonse
e ancora e più da sembrar
le nere in bianche.
Idiozie in cerca e per domanda?
Sia tua la risposta,
sia il cesto del riporla,
sia il perché(?)
Tua la scrittura e a farla.
Per chi ha atteso un po’ più di mezzo secolo per iniziare a scrivere è giunta la scrittura in presunzione e finalmente sa di (Es)sere nel mondo del Fare, del Poiesis e prova a dare anche a chi è l’uguale la s(cripto)risposta. (R)Il Criterio è far passare tutto questo per una personale visione. La Garanzia è predisporne solo il viatico per il classico non (D)are come i molti vogliono.
Da qui l'illusione di un’oggettività ch’è lo specchio d'acqua rotto da un sasso e l'attesa di quel ch'è stato, nonché l'attesa di altro specchio da frangere in una (D) che non è (R). Nel ricevere. Il da raggiungere dei molti non è pura visione. Il Perché (?) Non è unione. (punto, punto, punto - suggerito dall’amico Totò) Qual senso avrebbe il sapere che s’è coi fessi e col poi domandare chi è il padrone? Da adesso, come dal momento in cui scrivo, voglio, pretendo l’erba che dicono non cresca nemmeno nel giardino del Re e per quel cogliere anche oggi sono assorbito dalla seguente scrittura e per una delle tante domande in Equivoco.
Sappiate che, sono nell’appena giunto. Sono qui a dettare la mia condizione, ma ahimè a raccogliere altra erba e a propormi un regalo, un fascio di verde non mio, sono altri. L’ho in mano. So di non essere come “donzelletta” in un imbrunire pre-domenicale di mia conoscenza ma con il trasformatosi nelle stupidità colossali dovute da tali domande recate in un mazzolin (…) di rose e viole. Sì! Varia la forma in prossimità di quel cesto, in quel che mi hanno raccolto, ma la sostanza non è la stessa. Non vi nascondo che tremo dinanzi a tanta verde “perfidia”. Lì il tempo s’è fermato e non ho potuto godere pienamente quanto altrettanto lentamente e faticosamente si era già stratificato in me con il primo vagito sino al giungere di una frase da me detta “compiuta” (convinto che io ami l’anacoluto) e da trovare in un mazzo. Ho atteso sempre così, come m’hanno insegnato, sostando in un’esperienza diretta e con tanta lettura e con tanta scuola pubblica.
Nel baratto culturale del quotidiano e di quel verde fascio ho comunque approfittato e assistito ora al bene e ora al male, nell’immerso di altrettanto e altro verde e in una educazione da usare, fare e dare. Oggi mi costringono a vivere con la “perfidia” di quel fascio d’erba e l’ho serrato stretto in una o più di tante strane domande. Lascio per un istante quella consapevolezza. A me solo il far quel ch’è strano con un fascio e con risposte per una (D). Di fatto, hanno accerchiato il mio campo visivo e vogliono farmi dimenticare che vivo in uno spettro fisico visibile, in quel che mi cade, mi accade intorno e ch’è il visibile in un elettromagnetico momento destinato ad essere colore e mi pone in un luogo certo tra il rosso e il violetto e incluso in tutti i colori percepibili dal mio occhio e come un qualsiasi essere vivente e che si esprime e vuol dare significato al mondo in un intermediario di struttura e ch’è il linguaggio e ch’è soprattutto conseguenza del mio e del solo mio ed esclusivo mio fenomeno di luce. (Orsù, potete dare un sospiro di sollievo. Dall’ultimo punto sono solo 103 parole, decisamente fuori dai 140 caratteri di un Twitter e per aver terminato la frase in soli 469 caratteri, spazi esclusi. In lunghezza è la frase sconsigliata da U.Eco nei suoi 40 utili per chi scrive, spero riferiti per un articolo di giornale o sportivo o saggio o di politica o per quant’altro di più accessibile e non per una scrittura. So di non essere perdonato da Eco, ma almeno voi, fatelo.) Per fortuna inseguo le mie ed altre lunghezze e sono d'onda anomala, di quel mio visibile, poi, per puntiglio, seguo anche altre corrispondenze visive trovandomi con l'acqua, con l’aria, con la stessa luce sovrapposta ad altra luce, col bianco più bianco che più bianco non si può, come recitava lo slogan pubblicitario della mia adolescenza e, infine, persino con l’errore.
Sempre e per fortuna non tutto mi diminuisce o mi aumenta in ordine di una rifrazione o in termini di una frequenza. È questo il fare del ciò che vivo e lo assumo con la massima sensibilità media possibile per un occhio e, con il mio sapere di umano probabile, vado nel misurabile, tra i THz e i Kelvin. Posso, per quel tanto, aver avuto restituito il mio unico e spettato visivo e non per la visione miope relegata nel verde citrino di un fascio d’erba in regalo. Fossi stato un cane o altra specie animale, come per esempio un ape, avrei "veduto" le differenti regioni di altro spettro elettromagnetico, l'ultravioletto. Per l’ape so ch’è per facilitare la sua ricerca del nettare nei fiori, per me sarebbe stato, ed è tanto, rispondere o non voler rispondere a più domande. Fossi stata una serpe, magari velenosa, non avrei veduto gli infrarossi e non me ne sarei preoccupato perché già così come sono nel mio stato animale di non serpe e pur non essendo a sangue freddo. Gli IR Non li vedo pur essendo ugualmente velenoso. Fossi l’inanimato, nel tecnologico sarei come il mio caro telescopio “HubbleHop” e avrei avuto lo scorrere ancor più freddo sangue della serpe nel mio sangue, ciò per poter assistere alle meraviglie di un infrarosso che non è solo il bianco e nero. Non essendo tutto questo ho usato il termine “perfidia” ma per uscire dall’equivoco di una loro miope visione campagnola la correggo subito, cancello il “perfidia”. Sì, cancello e sostituisco con “idiozia”, per darmi sollievo con, per credere, una scarsa credibilità, in un fare nuovo e propormi in un’alternativa di disponibilità. Sì, mi auto dichiaro, mentalmente, e, in un sollievo affermo: le vostre (D) sono inutili e idiote.
Per non perdere la nobiltà di un equivoco dovrei essere io a diventare il perfido. Ebbene sì sono il perfido nella(R). Ma in una domanda da porre si vorrà pur trovare ed ottenere l’oggettività, codesta, parrebbe la condizione e tutto in presenza delle molteplici connessioni. Tutto con l’dea e con la realtà o con le idee e con le realtà. Le idee dapprima siano espresse al plurale con un’unica possibilità del reale, poi le stesse siano ugualmente al plurale e con altrettante pluralità di realtà.
Ad esempio: in una delle tante connessioni possibili da esercitare nel Bello potreste verificare se si tratta di scienza o di un’espressione extra-scientifica o se occorre il transito in una condizione tematica quale l’uso dell’astratto o se usare il massimo del formale oppure possedere lo schema rigido e matematico per il risultato. Verificato? Ok. Avete l’accedere allo stato dinamico con l’organizzare l’esperienza di un anello e con quel che s’aggiunge ad anello? Avete chiuso il tutto con un lucchetto, cioè avete la certezza di aver bloccato l’esito di un raggiunto? Ma in una (D) vi è mai capitato di avere il cosiddetto anello mancante? Vero! Non si può. Allora è Tutto da rifare. Ma rifate e pensateci solo s’è l’uguale del domandare di un colore, s’è quel gradevole o meno e s’è il poter dubitare dello stesso colore, che non esista.
In economia la domanda è solo un modello matematico, quel che occorre per la determinazione di un valore in un’equazione di mercato. Per una scrittura, per una poesia, per un fare arte, che potrebbe dare una nuova risposta, è il bene comunque tenuto a mente nei termini: di economia in un simbolo, di valore in un reso cromatico e di un mercato per l’equazione da assicurare nella certezza di essere dapprima colore, di esistere. La mia (D) ch’è come (R) giace da quest’istante nell’ancor più, è nell’apparente semplice di un utile per la corretta sua informazione. Se volete, anche contrapposta all'asserzione e all'esortazione. Nello specifico, dalla richiesta non sempre è ottenuta la risposta. La non (R) potrà essere anche la risoluzione di un quesito. Nel capzioso potrà anche servire a verificare l’intelligenza, la cultura o la preparazione all’argomento domandato. Fare una domanda, dunque, è come costruire un linguaggio in cui si vuole determinata la struttura divulgativa fra temi discussi in problematiche di altrettanto linguaggio e la verificata oggettività nelle idealità. Nel mio caso è per farmi entrare meglio e direttamente in certe sfere di pensiero umano. Se ricordate, nel mio ultimo articolo ho parlato dell’aneddoto e, nella sua logica interna, è stato accumulato il dubbio di retta limite per meglio esplicitare e fare ricorso alla fantasia esploratrice di una retta e in un episodio mai accaduto per verificarlo. Se per un aneddoto tutto ciò è stato possibile come potete aver scordato che, nella conclusione, abbia dato luogo all’immagine di quel che potrebbe essere stato Aneddoto=Storia e oggi (D) non diverso da (R).
Pertanto, in una domanda, anche la più banale ma utile e non idiota, ci si riconduce sempre ad un vissuto di altri che meritano, quindi, di diventare Storia per dar vita ad altrettante domande e da far scorrere in un vedere di pura visività, come intuizione originaria e residente nella propria coscienza, in eidetici presupposti. Lo sappiamo tutti che, la luce nel vuoto viaggia sempre alla medesima velocità e s’è in presenza di ostacoli, viaggia ad una velocità di qualità inferiore e che, il rapporto tra le due velocità è detto indice di rifrazione del mezzo ed è molto uguale alla pronunciazione di una domanda seguita da altra domanda. Se tale indice dipende dalla frequenza dell'onda luminosa, perché non deve essere l’uguale di un indice da riscontrare in una frequenza di conoscenza per una domanda? S’è vero che la luce è composta da differenti frequenze elettromagnetiche, perché non pensare che la domanda possa avere quelle incidenze (elettroencefaliche) capaci di disperdersi dal passaggio dal vuoto o dall'aria o da un altro mezzo, ad esempio l'acqua, il vetro, la nostra capacità di memoria, la mia e vostra capacità di conoscenza, ecc. Sono questi i limiti che influenzano la domanda, come sono gli stessi limiti che influenzano la nostra luce.
Sapevate che la luce esiste in quanto siamo nel mondo animale? Lo sapevate che, le lunghezze d'onda visibili sono la nostra "finestra ottica"? Lo sapevate che, il blu è più del rosso? Sapevate che, esistono anche "finestre chiuse ma da aprire", che molti pensano solo chiuse perché impossibile affacciarsi? Alla luce di tanto. Lo sapevate che su un pianeta dove per noi non è stato possibile aprire una finestra, assicurano, lì, non c’è chi vede e quindi su quel pianeta tutto è nero assoluto? Perbacco, allora, lì, non esistono le stelle, i pianeti, la luce? Sì, lì, non c’è nulla e non si vede.Ah, mi rincuorate. Qui da noi non è come stare su quel pianeta, qui è la Terra, qui vediamo, qui c’è luce.
Ma per quelli delle domande idiote, per quelli che pensano di cavarsela, per quelli che non sono in grado di aprire, sulla Terra, “la finestra” in un onda elettroencefalica, l’idiota domanda è forse la finestra che non vedono?
Evviva i Mondi disabitati.
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