LA SINGLOSSIA COME SCELTA
Indicazioni lessicali
Monoglossia. Uso di un solo strumento per trasmettere un messaggio; sia esso un messaggio di fruizione (chiedere ad una persona l'indicazione di una strada, telefonare ad una amica per domandare una ricetta di cucina, stendere la denuncia dei redditi ecc. ecc.), o un messaggio che abbia l'aspirazione di penetrare in zone sottili e segrete della sensibilità, e si proponga come "atto creativo". La Monoglossia può servirsi del linguaggio visivo (disegno che trasmette un messaggio, quadro anche astratto, ma con puro valore iconico), o del linguaggio verbale, nelle sue tre articolazioni fondamentali:
parola detta
parola scritta
gesto sostitutivo della parola.
In ogni caso, è un linguaggio unico, e serve per riscattare la Monoglossia dalla sua obbligata "via unica", l'equivoco dei Carmina Figurata, di Apollinare, dei Dada: In tutte queste esperienze, la parola si definisce e conclude in un valore puramente iconico, diviene un fatto visivo, decorativo, ludico, e non basta scrivere la parola ombrello in modo che essa tracci, nella disposizione grafica delle lettere, la cupola di un ombrello aperto, perchè il significante acquisti una duplicità di significato. La Paraglossia è il linguaggio nel quale i due elementi, visivo e verbale, sono posti in posizione parallela, uno dei quali ha funzione didascalica, esplicativa: il titolo di un quadro, una scritta sotto un poster pubblicitario. Infatti non si rinnova un linguaggio scrivendo un testo di tradizione sopra una cartolina postale, anche se decorata da un disegno tracciato da un mittente. Le lettere illustrate da un disegno o caricatura, sono una vecchia e garbata facezia in uso nelle buone famiglie, quando l'epistolario era uno degli strumenti per lo scambio di notizie con i propri familiari e congiunti, sostituito, oggi, dalla comunicazione telefonica.
Solo con la Singlossia (incrocio di linguaggio visivo e verbale) il linguaggio esprime ed esemplifica il tempo nel quale viviamo e che ha già raggiunto la sua pienezza (anche negativa) in ogni campo che non sia quello del linguaggio di operazione creativa. Intendo per Singlossia l'incrocio del linguaggio idosemantico ( = visivo) e del linguaggio fonosemantico (= verbale) , il punto nel quale i due linguaggi raggiungono la loro complementarità, in modo che l'uno non possa essere comprensibile senza la presenza dell'altro. Pertanto, chiamerò la nostra forma espressiva, non più: Civiltà dell'immagine (che da sola significa ben poco) ma: Civiltà della Singlossia. La Poesia Visiva può essere invece paragonata ( per restare nell'orbita di questa immagine) alla Poesia Volgare che nasce dalla traduzione di un testo latino nelle nascenti strutture del Volgare: La Poesia Visiva è paragonabile ai Carmina Burana, è un linguaggio ibrido che resta linguaggio egemonico pur con qualche cadenza ritmica attinta dal linguaggio popolare.
La Singlossia è sperimentale
Rifiuta qualsiasi antenato, anche se di nobile stirpe, e, pertanto rifiuta i Carmina Figurata, il Dada, Apollinare, La Poesia Concreta, la Poesia visiva che considera Avanguardie storiche del tutto superate e concluse. La Singlossia rifiuta la Monoglossia come linguaggio desueto e del tutto superato. Intendo, ovviamente, la Monoglossia del nostro tempo (Omero resta Omero, perchè il suo modo di esprimersi rispecchia il suo tempo e la sua fase storica). La Singlossia rifiuta tutta l'attuale cultura poetica di libri monoglossici.
E attende che il tempo le dia giustizia. Rossana Apicella
... La Poesia di Francesco Pasca si colloca... Siamo nella PoesiaRitrovata: non come "gesto Dada" insultante e gratuito, ma come un veleggiare sui vascelli che "per incantamento" ci portano verso i lidi di una dolce follia in cui la Vita e la Morte danzano con tenera assurdità, Eros e Thanatos si abbracciano in un incontro smemorato, e i "piccoli re" risorgono dal subconscio con il loro pianto-riso di tenerissima angoscia.
Rossana Apicella
...scrive Rossana Apicella nel numero 15 di Intergruppo, Luglio 1981 "ESISTE IN QUESTO LINGUAGGIO MONDIALE DELLA SINGLOSSIA COME BRIVIDO, UN' ATTESA, UN TIMORE"... cerca un matematico che riproduca il cosmo e rivisita l'ideale del V secolo, definito da Aristotele "una comunità di liberi e uguali", con il proposito di conoscere, anziché sconfiggere, le leggi della gravità; ipotizzando mezzi di costruzione e non di conquiste strutturali. Neutralizza le sue tensioni quando le trasferisce al nucleo Apolloni, Miccini (ENERGIA SEGRETA), Pasca ed altri.
da Sistema Bibliotecario Urbano - Bergamo - Biblioteca Circoscrizionale S. Tommaso e da Intergruppo-singlossie di Ignazio Apolloni
17 Maggio 1980
La poesia di Francesco Pasca nasce presso il Liceo scientifico "A. Calini" di Brescia.
Nel 1980 incontra Rossana Apicella, è attratto dal suo entusiasmo ed aderisce al Manifesto della Singlossia.
Con Rossana Apicella, Ignazio Apolloni, Michele Perfetti, Eugenio Miccini ed altri partecipa ad iniziative poetiche e da Milano a Palermo fa conoscere la singlossia.
Di Singlossia si interesserà Lamberto Pignotti e Stefania Stefanelli in " La Scrittura Verbo-Visiva le avanguardie del novecento tra parola e immagine".
La rivista L'Immaginazione di Piero Manni, pubblicherà teorie e commenti sulla Singlossia.
Nel 1982 con Enzo Miglietta produce manifestazioni poetiche presso il suo laboratorio di poesia a Novoli.
Nel 1983 a Lecce unisce il Gruppo Grammae con Bruno Leo , Salvatore Fanciano, Giovanni Corallo e Beppe Piano si produce in performance poetiche nelle piazze Italiane e presso le biblioteche circondariali.
Ultimo intervento pubblico in Piazza Duomo a Lecce sul tema "Strappi temporali".
Oggi, collabora attivamente con i gruppi poetico-visivi del territorio. "La singlossia come scelta" e " il non senso dell'Universo" sono i temi di suo interesse. Internet, così come è oggi, è da lui considerata l'erede diretta della Singlossia e dedica il suo tempo a tesserne lentamente la tela.
Recensioni e Contatti
Singlossia per Egoestetico
da l'Immaginazione n.10 di Piero Manni Lecce
da Intergruppo Singlossie -Bergamo- galleria dei mille
"poesia" Castello Carlo V - (Lecce)- by Francesco e figlio Massimo 1995
incontro con il poeta visivo Carlo Stasi 2000
Intergruppo - Singlossia di Ignazio Apolloni Palermo
un'opera del Poeta Visivo Giosuè Marongiu
VERIFICA 8+1
speculum files movie 3 - n° 0003
www.giosuemarongiu.it
alcuni contatti intercorsi con Rossana Apicella ed altri a proposito di Singlossia
Singlossia " bugia" del secolo scorso?
Il testo che segue, questa una piccola parte, sarà pubblicato sui miei prossimi Appunti ed avrà per titolo: “Il Palindromo del tempo e la sua Formula” – La Singlossia nel racconto. Francesco Pasca
La Singlossia nel racconto
Il testo scritto, la narrazione, è tutt’altra cosa; la Singlossia, sino ad oggi, supportata da testi brevi e simultaneità di brevissimi sprazzi temporali, non poteva continuare ad essere solo pause pensate, suggerite e non scritte, costretta a continuare ad essere solo testo visivo, ma doveva diventare tutt’altro e, al contempo, non perdere la sua atavica caratteristica evocatrice. Di fatto, con il mio primo libro su Otranto, mi ricollegavo alle soluzioni tracciate per la Singlossia nel corso degli anni ’80 e mai avanzate come progettualità in itinere, perché ancora indefinite dalla stessa confusione ingenerata tra il primo ed i secondo decennio successivo.
In occasione della prima mostra sulla Singlossia, ebbi a scrivere e a rendere omaggio a Marinetti prima, a Rossana Apicella poi, per l’avermi concesso quell’utopia, e, prima della prematura scomparsa di Rossana, la omaggiavo con la seguente poesia dal titolo:
“Fiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii” accompagnata dal sottotitolo
“che il tuo treno li travolga”
Fischiava e sbuffava le sue parole ascoltava
snodava i rimbalzi
su Paralleli Pensieri
su file operose
su schizzi di mete moltiplicate dal nulla
fischiava il suo Fare
corsivo e nervoso su rotaie con Segni minuti
Provava a trovare
a cercare
a sostare
Sentiva il sostare
Trottava il suo Fare
Sbuffava trottava
Sbuffava
trottava Sbuffava
fischiava
Sbuffava Fischiava
Gioiva il suo fare
Correva correva Correva
e, del tempo,
su rotaie Senza Storia ascoltava
Sbuffava trottava
Sbuffava
trottava Sbuffava
fischiava
Sbuffava Fischiava
sbuffava Visioni di soste
parziali Frammenti di sete
partenze Mai spese
come Echi trascorsi in Stazioni Sperate...
Sbuffava trottava
Sbuffava fischiava
trottava Sbuffava
fischiava
Sbuffava fischiava Fischiava
come Echi trascorsi in Stazioni Lasciate...
Con un’altrettanta mostra sulla S. in una galleria di Milano, di cui non ricordo né il Luogo né il Tempo, si concludeva l’esperienza nata al “Calini” di Brescia ed osteggiata, anche in questo caso, dai Sancta Sanctorum della Poesia Visiva, gli stessi che si avventarono sulle spoglie mortali di Rossana a contendersi quell’eredità culturale e, ancora oggi, la quasi totalità, la ostenta o la ha ostentata senza apportarne significato.
Tra i miei documenti personali, lettere a me indirizzate da Rossana, sul suo classico foglio quadrettato, rigorosamente scritte di pugno, appaiono le testimonianze di quella inesorabile contesa con il mondo Verbo-Visivo Fiorentino, Milanese, Veneto, Marchigiano, Siciliano ed altri.
Fra i pochi continuatori rimasti di quel linguaggio, il più dinamico è certamente Ignazio Apolloni, sebbene, del suo Intergruppo, si registrino oggi poche e significative testimonianze di vera Singlossia.
La S. viene allontanata o ripresa secondo regole dettate esclusivamente dalla circostanza. Non ha avuto la sorte che gli spettava: “attende ancora giustizia”.
Ne ho ripercorso il tempo e fra i miei appunti:
(dal manifesto della Singlossia di Francesco Pasca, L.P.N. Laboratorio Poesia Novoli, 1982)
(Francesco Pasca rileggere Nietzsche Quotidiano di Lecce 21 giugno 1984 – Toti Carpentieri)
«Nella Milano del 11 Marzo 1916 con la declamazione dinamica e sinottica, Marinetti apriva la strada alle risoluzioni del linguaggio verbo-visivo ancora a metà strada tra immagine, gesto–segno, gesto-suono e vedeva la necessità di far scomparire la pagina (contenitore-supporto) per far concretizzare un insieme di immagini da svolgere in successione come fotogrammi.
I limiti sono evidenti, ci troviamo ancora nella sequenzialità (percorso obbligato).
Pertanto, rifondare un linguaggio poetico trova, ancora oggi, ripercorrendo i significati fonici, il formularsi, prima, di un linguaggio "transmentale" (L‟arte deve dilagare nella vita... - Larionov-Zdanevich, 1913, …alfabeto mentale… V.Chlebnikov - A. Krucënych), poi, la possibilità di reinventare un linguaggio totale dove le intuizioni prendano il sopravvento. Il salto qualitativo è nel disporre, mentalmente prima, praticamente poi, la possibilità di veri e propri trampolini temporali, senza far perdere i significati già acquisiti precedentemente; occorre che li si "riconosca" sempre e ovunque.
Nella vicenda degli anni ’80, Spatola suggerisce "l’allegoria", Apolloni "l’esigenza della perplessità, del fuori linguaggio" vedi libri-oggetto, Miccini la "prefigurazione dei codici" , ecc… Nel frattempo U.Eco, utilizzando il primo dei word processor, scrive “il nome della rosa” ed affaccia un Internet testuale, poi, attende la sua trasformazione in immagine verbo-digitale.
Questo rappresentare in “sé” è un momento intermedio tra icona (statica) e la rappresentazione (dinamica - suggerita).
Il linguaggio "nascosto", in gergo informatico, è detto linguaggio Macchina ma manca, come in tutte le espressioni a base tecnica, il gesto creativo capace di ottenere simultaneità tra azione ed ideazione e viceversa.
< Rossana Apicella, innescando la dialettica, pensò alla Singlossia e scriveva.
«…Il fenomeno più importante è il riproporsi della Poesia come fatto quotidiano, come centro di interesse, come problematica estesa ad un pubblico sempre più vasto e composito. Non è improbabile che a questo riproporsi di interessi fantastico-emotivi, abbia dato il suo preponderante contributo l'espansione della tecnologia a livello quotidiano, come concreto riscatto della dignitas hominis affrancata dalla schiavitù di migliaia di atti faticosi e dispersivi compiuti nel corso di una giornata lavorativa degli anni '60…».
Inizialmente anche per l’infante Internet varranno le leggi della composizione, ma la dinamica innescata da Umberto Eco e da Rossana Apicella è molto più avanti. Deve compiersi l’ulteriore passo, il ritorno ai significanti-archetipi, il recupero del rapporto tra messaggio poetico e destinatario.
Nasce il linguaggio "ipertestuale", "multimediale", "ipermediale", intuito da Marinetti prima, da Eco e Apicella poi. Lo spirito, è il testo estetico-sintetico-globale dove pensiero e azione ci riconducono ad azzerare ogni rapporto limitato che impone lo spazio ed il tempo. Accade che la parola ridiventa segno e, nell’ambito della ricerca, si subordina all’immagine. La singlosssia ha ora il compito di ricercare situazioni in cui il verbale e il visivo acquistino un rapporto di sostanziale equilibrio. Ciò funziona da guida visiva verso la sua lettura globale. I singoli elementi fonico-evocativi vengono collegati sia a livello ottico, sia a livello semantico e l’ipertesto consente di riferire, a ciascun termine, in particolare alla zona che lo circonda, un Link (cambio di stato e relativo raggiungimento) con precise valenze iconiche riferite all’elemento lessicale.
Tutto ciò Rossana Apicella, lo riconduce mentalmente a come e a quanto avviene nelle opere di P. Gauguin con il sintetismo (assunto dai pittori della scuola di Pont-Aven, riuniti intorno alla necessità di superarne il carattere aleatorio della visione e di ridurre questa ad una sintesi in cui siano compresi tutti gli aspetti della rappresentazione).
Diventa, a dire di R.A. necessario all’idea di attuarsi, così come oggi, nella consultazione ipertestuale, senza ricorrere all’illusionismo di qualsivoglia aggregazione di immagini funzionali all’evidenziazione.
Tutti i codici comunicativi, così come per il colore (impressionisti e post), si devono basare sulla corretta giustapposizione delle parole, dove valenze-aspetti tenderanno a conquistare il ruolo paritario e contribuiranno alla soluzione di una simultaneità interpretativa volta a dar luogo ad un nuovo interesse visivo e ad un riproporsi della Poesia Visiva, la Singlossia, come risultato del quotidiano. (V.Accame parlava di “…l’aspetto semantico cessa di occupare posto di privilegio…) È così che la Singlossia di R. Apicella conduce al più semplice modello visivo di poesia costruita a differenza di quanto E.Gomringer può affermare sulla parola.
Non è più l'ideogramma ma la sua totalità testuale. Dunque il compiersi della scrittura con la lettura deve manifestarsi come simultaneità tra i diversi livelli percettivi.
Beninteso, tutto ciò deve rappresentare una fase di breve durata, dove i codici impegnati sono di tipo esclusivamente tecnico-tecnologico. Il codice alla sua base diventa come "sintassi seriale" di strutture stabili e riconducibili al proprio patrimonio culturale, "Le origini" (pitture rupestri - grotte di Lescaux, Badisco, Altamira). Occorre rivedere la tesi, secondo la quale, l’evoluzione "tecnica" allontana la poesia visiva dall’originaria forma del collage orientandola sempre più ad assumere la struttura di solo testo e via via far collassare ciò che comporta l’aridità stessa della parola a scapito dell’immagine e viceversa.
La soglia di questo "pericolo" è resa evidente dai segni e dalle interpretazioni della poesia di fine anni ’70».
R. A. precisa nelle sue Indicazioni lessicali ( La singlossia come voce del tempo, in “Brescia Oggi”, 6 marzo 1980.
Manifesto della Singlossia di Rossana Apicella, Liceo Scientifico “Calini” Brescia 1979)
« Monoglossia. Uso di un solo strumento per trasmettere un messaggio; sia esso un messaggio di fruizione (chiedere ad una persona l'indicazione di una strada, telefonare ad un‟amica per domandare una ricetta di cucina, stendere la denuncia dei redditi ecc. ecc.), o un messaggio che abbia l'aspirazione di penetrare in zone sottili e segrete della sensibilità, e si proponga come "atto creativo". La Monoglossia può servirsi del linguaggio visivo (disegno che trasmette un messaggio, quadro anche astratto, ma con puro valore iconico), o del linguaggio verbale, nelle sue tre articolazioni fondamentali: parola detta
parola scritta
gesto sostitutivo della parola.
In ogni caso, è un linguaggio unico, e serve per riscattare la Monoglossia dalla sua obbligata "via unica", l'equivoco dei Carmina Figurata, di Apollinare, dei Dada: in tutte queste esperienze, la parola si definisce e conclude in un valore puramente iconico, diviene un fatto visivo, decorativo, ludico, e non basta scrivere la parola ombrello in modo che essa tracci, nella disposizione grafica delle lettere, la cupola di un ombrello aperto, perché il significante acquisti una duplicità di significato. La Paraglossia è il linguaggio nel quale i due elementi, visivo e verbale, sono posti in posizione parallela, uno dei quali ha funzione didascalica, esplicativa: il titolo di un quadro, una scritta sotto un poster pubblicitario. Infatti non si rinnova un linguaggio scrivendo un testo di tradizione sopra una cartolina postale, anche se decorata da un disegno tracciato da un mittente. Le lettere illustrate da un disegno o caricatura, sono una vecchia e garbata facezia in uso nelle buone famiglie, quando l'epistolario era uno degli strumenti per lo scambio di notizie con i propri familiari e congiunti, sostituito, oggi, dalla comunicazione telefonica. Solo con la Singlossia (incrocio di linguaggio visivo e verbale) il linguaggio esprime ed esemplifica il tempo nel quale viviamo e che ha già raggiunto la sua pienezza (anche negativa) in ogni campo che non sia quello del linguaggio di operazione creativa.
Intendo per Singlossia l'incrocio del linguaggio idosemantico (= visivo) e del linguaggio fonosemantico (= verbale), il punto nel quale i due linguaggi raggiungono la loro complementarità, in modo che l'uno non possa essere comprensibile senza la presenza dell'altro. Pertanto, chiamerò la nostra forma espressiva non più: Civiltà dell'immagine (che da sola significa ben poco) ma: Civiltà della Singlossia.
Singlossia per EgoEstetico – performance – Liceo Calini - Brescia 1980
La Poesia Visiva può essere invece paragonata, per restare nell'orbita di questa immagine, alla Poesia Volgare che nasce dalla traduzione di un testo latino nelle nascenti strutture del Volgare: la Poesia Visiva è paragonabile ai Carmina Burana, è un linguaggio ibrido che resta linguaggio egemonico pur con qualche cadenza ritmica attinta dal linguaggio popolare.
La Singlossia è sperimentale “Rifiuta” qualsiasi antenato, anche se di nobile stirpe, e pertanto rifiuta i Carmina Figurata, il Dada, Apollinare, la Poesia Concreta, la Poesia visiva che considera Avanguardie storiche del tutto superate e concluse. La Singlossia rifiuta la Monoglossia come linguaggio desueto e del tutto superato. Intendo, ovviamente, la Monoglossia del nostro tempo (Omero resta Omero, perché il suo modo di esprimersi rispecchia il suo tempo e la sua fase storica). La Singlossia rifiuta tutta l'attuale cultura poetica di libri monoglossici.
Con la mostra al “Calini” nel ’81, come si evince dal grafico, R.A. con me discuteva della possibilità dell’individuazione di una risultante di tre vettori temporali convergenti quello idosemantico (visivo), quello fonosemantico (verbale) e l’asse diacronico (linguaggio nel tempo). In definitiva sanciva la definitiva supremazia della Singlossia sulla Poesia visiva degli anni settanta. Fu qui l’innescarsi di quella polemica.
In questo racconto, a seguire, sarà detto quanto dovrà essere detto e non è stato detto.
Francesco Pasca
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